Molto diffuso fu il mito di Eracle nelle colonie della Magna Grecia e le sue leggendarie imprese (le cosiddette "fatiche") offrirono numerosi spunti e temi agli antichi artisti per raffigurazioni plastiche e pittoriche. Una delle più singolari è l'impresa da lui compiuta contro due briganti Cercopi (i Cercopi, secondo la mitologia greca, erano un popolo abitante o nella Beozia o nella Libia o in Campania, dedito alle ruberie e alle frodi al punto che Zeus, adirato, li avrebbe trasformati in scimmie). La tradizione vuole che due fratelli, figli dell'oceanina Theia, avendo assalito Eracle nel sonno per rubargli il bottino che portava con sé, furono catturati dall'eroe che, per punirli, li appese a testa in giù al suo bastone, come fossero prede di caccia. In quella strana posizione, uno dei fratelli riconobbe in Eracle l'uomo "dalle natiche villose" di cui aveva loro parlato la madre esortandoli a guardarsi da lui. Fatta tale scoperta, i due Cercopi cominciarono a motteggiare l'eroe e a scherzare con lui e lo divertirono a tal punto che alla fine vennero da lui liberati. Il mito dei Cercopi catturati e poi liberati da Eracle è piuttosto arcaico (già ad Omero si attribuiva un poemetto intitolato appunto I Cercopi) ed esso ebbe probabilmente un valore sacrale se, oltre che nella metopa selinuntina, si trova raffigurato anche nell'Heràion (tempio di Era) del Sele. Altre figurazioni del mito si riconoscono, poi, in alcuni esemplari di ceramica corinzia e attica e su vasi italioti.